Quattro chiacchiere “diverse” sulla crisi che stiamo vivendo
In questi giorni tra noi cittadini “normali” non si parla d’altro. Pur sapendo che molti politici hanno sempre approfittato della loro posizione per rubare soldi pubblici a proprio vantaggio o di quello del partito, siamo a dir poco disorientati. Ma quello che sta accadendo in questi giorni non solo da il volta stomaco, ma sta facendo emerge una situazione che supera qualsiasi immaginazione. Sembra che non si tocchi mai il fondo.
Altro argomento di discussione e dibattito è la situazione economica del nostro paese, e non solo, che sembra essere così grave che qualsiasi intervento non riesce a modificare il quadro. Molti hanno perso o stanno perdendo il proprio lavoro e con esso la propria dignità e identità, nonché la possibilità di contribuire al sostentamento della propria famiglia.
I segni di speranza sono pochi e si fa fatica a trovare la forza di resistere, di motivarsi a continuare. La sensazione di aver perso tutti la bussola è profonda. Per chi ha figli, l’angoscia è per il futuro che si troveranno a vivere.
Alcuni giorni fa mi trovavo nella sala d’aspetto del Pronto Soccorso di Vicenza e lì, l’unica cosa da fare, oltre ad aspettare, in quanto “pazienti”, con pazienza (!), è incrociare qualcuno che abbia voglia di chiacchierare, per farsi passare il tempo.
Mi trovo accanto ad un uomo, di circa 60 anni. Iniziamo lamentandoci del tempo che siamo costretti a consumare attendendo il nostro turno e poi finiamo inesorabilmente per parlare della nostra povera Italia.
Ad un certo punto, questo uomo mi sorprende perchè mi dice qualcosa che per la prima volta sento formulato in maniera così chiara, lucida ed emotivamente partecipata: “Fra qualche mese andrò finalmente in pensione. Ma c’è una cosa che, guardando in faccia i miei figli, mi fa soffrire: il fatto di rendermi conto solo ora che anch’io, con alcune scelte che ho fatto, ho contribuito a produrre questa situazione”. Lo dice con le lacrime agli occhi, trattenute con difficoltà.
Nei giorni successivi a questo incontro che la vita è capace di regalarti, ho continuato a pensare a come questo uomo abbia scoperto per sé, ma forse anche per noi, una delle cose da iniziare a fare mentre siamo ancora immersi nella crisi: ripensare a come le nostre scelte quotidiane abbiano prodotto e stiano producendo, delle “perturbazioni” nella natura, nell’economia, nelle relazioni tra i popoli e tra le persone. E’ questa la prima tappa per iniziare a fare delle scelte diverse che siano in grado di permettere l’esistenza di un futuro per i nostri figli, una traccia per riaprire una finestra sul mondo futuro che stiamo preparando, oggi, assieme ai nostri figli. Un dovere di noi adulti verso le nuove generazioni.
A questo riguardo, mi ritornano alla mente le parole di Alexander Langer, “Voi conoscete il motto che Pierre de Coubertin ha riattivato per le Olimpiadi: citius, più veloce, altius, più alto, fortius, più forte. Questo è il messaggio che oggi ci viene dato. Io vi propongo il contrario: lentius, più lento, profundius, più profondo, suavius, più dolce. Con questo motto non si vince nessuna battaglia frontale, però si ottiene un fiato più lungo”.
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